ChiSiamo

 

GENERAL BROKERS, regina nella consulenza assicurativa italiana, sin dal 1977 opera guidata da una sola missione: essere un preciso punto di riferimento per tutte quelle persone e piccole aziende, che costituiscono la parte più vitale del mercato e che sentono il bisogno di essere seguiti da un consulente assicurativo, facendole beneficiare dei servizi che a tutt’oggi sono riservati a pochi.

 

WB01342_.gif (412 bytes)  PRESENTAZIONE
WB01342_.gif (412 bytes)   LE ORIGINI
WB01342_.gif (412 bytes)   BROKERS & ITALIA
WB01342_.gif (412 bytes)   LA MISSIONE
WB01342_.gif (412 bytes)   IL MANDATO STANDARD
WB01342_.gif (412 bytes)   LA RISPOSTA AL MANDATO
WB01342_.gif (412 bytes)   GESTIONE POLIZZE
WB01342_.gif (412 bytes)   GESTIONE SINISTRI
WB01342_.gif (412 bytes)   GESTIONE SPECIFICHE
WB01342_.gif (412 bytes)   CONCLUSIONE

 

 


 

PRESENTAZIONE

    Secondo la legge N° 792/84 istitutiva dell’albo brokers, sia nella sua denominazione che nel testo dei suoi articoli, i brokers sono considerati dei mediatori.
    Senonché nella loro pratica quotidiana i brokers svolgono una molteplicità di funzioni, sia sul versante delle compagnie d’assicurazione che su quello dei clienti, che vanno ben oltre la semplice e tipica mediazione e, come prima ed ovvia conseguenza, questo ha provocato non poche dispute circa la qualifica da assegnare al broker. Ad una tesi che riconduce il rapporto di brokeraggio alla figura classica del mediatore anche se svolta in modo atipico per la peculiarità del mercato assicurativo, si contrappone quella che considera il rapporto come una prestazione tipicamente intellettuale: questa ultima ci sembra, ad onor del vero, un po' forzata, considerando che per fregiarsi della qualifica di broker, per ora, non è richiesto un livello minimo di scolarizzazione, ma sono sufficienti una serie di requisiti, definiti titoli equipollenti, basati sostanzialmente sulla esperienza maturata operando nel settore.

    Al di là delle disquisizioni puramente formali ciò che a noi preme di approfondire in questa sede, sono le varie funzioni e attività che il broker d’assicurazione si impegna a prestare al cliente, quale rappresentante dello stesso in esecuzione ad uno specifico mandato.
    Queste pluralità di attività, si sintetizzano in tre momenti fondamentali, che possono essere demandati in toto al broker oppure singolarmente:
- la stipulazione dei contratti; la gestione dei contratti; la gestione dei sinistri.
    In ogni caso, nella prassi, sia che il cliente ricorra -per la prima volta- alla consulenza del broker per lo studio di una copertura assicurativa particolare, piuttosto che per la gestione di un sinistro complesso, l’orientamento del mercato si muove nella direzione di mandati totali ed in esclusiva.
    Ciò é facilmente intuibile per le seguenti ragioni:
la stretta relazione di continuità esistente fra questi tre momenti che costituiscono l’insieme del prodotto  assicurativo;
il desiderio molto avvertito di una assistenza a 360° da parte del cliente, molto spesso maltrattato dalle compagnie d’assicurazione, che vive il problema come bisogno di tutela e sicurezza;
la serietà professionale da parte del broker che, coerentemente con la sua ragion d’essere, non può scaricare su altri le varie problematiche emergenti durante la vita dei contratti affidati alle sue cure.

    Dall’analisi di queste esigenze, reciproche e convergenti, si rende subito evidente la differenza esistente fra un broker e l’unica altra figura professionalmente abilitata cioè l’agente di assicurazione:
- il primo rappresenta il cliente e si sostituisce allo stesso nella gestione complessiva di tutte le problematiche relative alle esigenze assicurative presenti e future;
- il secondo rappresenta una compagnia d’assicurazione ed agisce esclusivamente nello
interesse della stessa fino a quando ne ha la convenienza.

    L’esame e l’analisi approfondita di questi ed altri argomenti di carattere assicurativo, il loro impatto sull’economia delle aziende e delle famiglie che si affidano al broker, sono oggetto del nostro quotidiano impegno.

    Sarà comunque interessante, per meglio addentrarci nelle tematiche , fare un piccolo passo indietro nel tempo (di circa 300 anni) per comprendere come, quando e perché nasce il broker moderno.

Sommario


LE ORIGINI

    Il più grande mercato assicurativo del mondo ebbe origine nella Londra di fine XVII° secolo, ed era composto, allora come oggi, ovviamente da assicurandi, da brokers (mediatori) e da underwriters (sottoscrittori).
    Nato spontaneamente con lo sviluppo del commercio marittimo, grazie al bisogno di sicurezza da una parte ed alla passione per la scommessa dall’altra, aveva delle caratteristiche tali che, viste con la lente d’ingrandimento della società moderna, non finirà mai di stupire per l’improvvisazione e la lungimiranza; spiegabile unicamente con le regole non scritte del libero mercato. In sostanza, ogni qualvolta una nave si apprestava a salpare, un broker (nella veste di agente dei commercianti e degli armatori) contattava tanti sottoscrittori-scommettitori quanti erano necessari in base alle percentuali che ciascuno riteneva di poter accettare, concordava le condizioni e redigeva la polizza per le firme dei contraenti, come avviene oggi.
    Il funzionamento era garantito dalla competenza, dalle conoscenze e dall’onestà del broker, al quale si rivolgevano i clienti bisognosi di garantirsi contro i danni economici conseguenti alla perdita o al danneggiamento dei beni personali che viaggiavano per mare. Ovviamente, la prima preoccupazione del broker era quella di accertarsi sulla solvibilità dei sottoscrittori (preferibilmente associati coi Lloyd’s), valutando accuratamente la consistenza dei mezzi finanziari degli stessi e saper distinguere fra forti e deboli, per limitare al minimo la possibilità che anche una sola delle polizze da lui redatte fosse sottoscritta da persona di dubbia solvibilità.
    Va comunque precisato che un sottoscrittore rispondeva (come continua ad avvenire anche adesso) in base al principio della responsabilità individuale, anche nel caso che la ditta di cui era socio fosse fallita. Questa é anche la chiave di lettura che ci permette di capire perché, nonostante mille traversie, il mercato dei Lloyd’s ha continuato a crescere e ad affermarsi in ogni angolo dei cinque continenti. In ogni caso, il broker, metteva in gioco anche la sua credibilità professionale.

    E’ in questo contesto socioeconomico che l’albero genealogico dei brokers d’assicurazione mette radici nella famosa coffee-house di Edward Lloyd (fondatore inconsapevole dei mitici Lloyd’s) già dal 1698, contemporaneamente alla nascita della moderna assicurazione.

    Inizialmente preferivano farsi chiamare office-keepers (titolari d’ufficio) a causa della connotazione un po’ truffaldina del termine brokers, che in origine veniva attribuito a vecchi commercianti privi di ogni moralità, disposti a tutto pur di far soldi.

    Solo dopo il 1700 il termine fu associato direttamente all’assicurazione grazie al lavoro dei brokers impegnati nell’assicurazione marittima che, dedicandosi a tempo pieno all’attività assicurativa, avevano un ufficio e servivano come punto di riferimento stabile in un mercato molto fluttuante a quanti erano interessati seriamente a tutto ciò che, solcando il mare, raggiungeva i luoghi più remoti della terra, dovendo affrontare mille insidie.

    Le cronache del tempo rimandano, senza ombra di dubbio, l’immagine del broker contemporaneo:
- sempre interessato ad assicurare i beni del suo cliente come se fossero suoi;
- sempre teso ad ottenere le migliori condizioni per il suo cliente;
- sempre attento alla gestione sinistri, che sono il segnale della solvibilità degli assicuratori;

    Così stavano le cose nel XVII° secolo e così stanno oggi, ormai alla fine del XX°.

    Ed allora ci si chiederà: perché questo benedetto broker d’assicurazione é poco conosciuto in Italia?

Sommario


BROKERS & ITALIA

    Fino al 1960 il mercato assicurativo italiano (molto modesto, per la cronaca) era sfruttato esclusivamente dalle compagnie d’assicurazione nazionali che, complice anche la scarsa cultura assicurativa a tutti i livelli -non solo degli utenti ma anche degli addetti ai lavori-, facevano il bello e cattivo tempo in termini di qualità: sia del prodotto/polizza che vendevano, sia nel modo di gestire i sinistri. Un modo di proporsi al mercato che oseremmo definire da terzo mondo.
    Questo era possibile, e per certi versi inevitabile, perché in una situazione di mercato squilibrato, nel senso che la domanda era praticamente assente -per ragioni di carattere sociale ed economico-, lo sviluppo si perseguiva a mezzo di un’offerta che in nessun modo teneva conto dei bisogni dei potenziali clienti. L’imperativo era: crescere, comunque!

    Ma il boom economico bussava alle porte e con esso, una nutrita schiera di società multinazionali calava in Italia, per cogliere tutte quelle opportunità che il nostro mercato era in grado di offrire.
    Ed è in questo ambito economico che cominciano ad apparire i primi brokers, perché i "nuovi invasori" annoveravano nelle loro schiere i propri assicuratori che, guarda caso, erano esclusivamente dei brokers ed in quanto tali seguivano i loro clienti ovunque.

    Gradualmente le cose cominciarono a cambiare, nonostante le resistenze opposte dalle compagnie nostrane che si trovarono a fare i conti con quella che era a tutti gli effetti una nuova realtà. Assicurare delle multinazionali era cosa sicuramente appetibile, ma un conto era trattare secondo le vecchie regole: attivando la rete commerciale avevano sempre mirato ad arrivare alla scrivania del proprietario o del direttore preposto ed il gioco era fatto; ora, invece, dovevano fare anticamera nell’ufficio del broker dell’azienda, che aveva già predisposto le varie polizze necessarie all’azienda sua cliente, con tutte quelle "clausole strane" tipo EXTENDED COVERAGE ed un premio già quantificato: prendere o lasciare! E cominciarono a prendere, senza guardare troppo per il sottile.
    Si trattava ovviamente di prestigiosi brokers di matrice prevalentemente anglosassone, che gestivano esclusivamente grandi rischi, con polizze importanti per premi e provvigioni.
    A questi primi brokers esteri si affiancarono, gradatamente nel corso degli anni fra il 1960 ed il 1980, i neonati brokers italiani che avendo imparato la lezione cominciarono contendendosi le grandi aziende nazionali; offrendo quella consulenza globale che prima di allora non avevano neppure osato sognare, trovarono un terreno estremamente ricettivo. Non poteva essere che così, considerando che:
- i brokers offrivano un servizio globale di alta qualità;
- le polizze studiate apposta per le singole esigenze erano migliori e con premi contenuti;
- non incidevano sui costi delle aziende in quanto remunerati a provvigioni dalle compagnie.

Così andarono le cose per un ventennio: grandi clienti > premi consistenti > molte provvigioni > brokers.
    Il cerchio si sarebbe potuto ritenere chiuso senonché, tutta una schiera di imprenditori, che grandi non erano, cominciarono ad interessarsi ai servizi che offrivano i brokers. Bisognava, però, superare un ostacolo. L’ostacolo era costituito dalla modesta entità dei premi che questi potenziali clienti potevano rappresentare: minori premi significava meno provvigioni, ed i costi fissi di gestione ne avrebbero risentito in modo tale da rendere antieconomico per il broker rapporti di questo tipo.

    Ma ci voleva ben altro, per frenare l’italica fantasia !
    Presero così vita i mandati di gestione assicurativa onerosi che prevedevano, in forma fissa o variabile, un costo a carico del cliente commisurato in base alla sua importanza in termini di premi.
    Dal 1980 ad oggi anche questo nuovo tipo di mandato si è andato lentamente e sistematicamente affermando, consentendo a tutti di poter usufruire, volendo, dei servizi del broker.

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