ChiSiamo |
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GENERAL BROKERS, regina nella consulenza assicurativa italiana, sin dal 1977 opera guidata da una sola missione: essere un preciso punto di riferimento per tutte quelle persone e piccole aziende, che costituiscono la parte più vitale del mercato e che sentono il bisogno di essere seguiti da un consulente assicurativo, facendole beneficiare dei servizi che a tutt’oggi sono riservati a pochi.
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PRESENTAZIONE |
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Secondo la
legge N° 792/84 istitutiva dell’albo brokers, sia nella sua denominazione che
nel testo dei suoi articoli, i brokers sono considerati dei mediatori.
Senonché nella loro pratica quotidiana i brokers svolgono
una molteplicità di funzioni, sia sul versante delle compagnie
d’assicurazione che su quello dei clienti, che vanno ben oltre la semplice e
tipica mediazione e, come prima ed ovvia conseguenza, questo ha provocato non
poche dispute circa la qualifica da assegnare al broker. Ad una tesi che
riconduce il rapporto di brokeraggio alla figura classica del mediatore anche se
svolta in modo atipico per la peculiarità del mercato assicurativo, si
contrappone quella che considera il rapporto come una prestazione tipicamente
intellettuale: questa ultima ci sembra, ad onor del vero, un po' forzata,
considerando che per fregiarsi della qualifica di broker, per ora, non è
richiesto un livello minimo di scolarizzazione, ma sono sufficienti una serie di
requisiti, definiti titoli equipollenti, basati sostanzialmente sulla esperienza
maturata operando nel settore.
Al di là
delle disquisizioni puramente formali ciò che a noi preme di approfondire in
questa sede, sono le varie funzioni e attività che il broker d’assicurazione
si impegna a prestare al cliente, quale rappresentante dello stesso in
esecuzione ad uno specifico mandato.
Queste pluralità di attività, si sintetizzano in tre
momenti fondamentali, che possono essere demandati in toto al broker oppure
singolarmente:
- la stipulazione dei contratti; la gestione
dei contratti; la gestione dei sinistri.
In
ogni caso, nella prassi, sia che il cliente ricorra -per la prima volta- alla
consulenza del broker per lo studio di una copertura assicurativa particolare,
piuttosto che per la gestione di un sinistro complesso, l’orientamento del
mercato si muove nella direzione di mandati totali ed in esclusiva.
Ciò
é facilmente intuibile per le seguenti ragioni:
la stretta relazione di continuità esistente fra questi tre momenti che
costituiscono l’insieme del prodotto assicurativo;
il desiderio molto avvertito di una assistenza a 360° da parte del cliente,
molto spesso maltrattato dalle compagnie d’assicurazione, che vive il problema
come bisogno di tutela e sicurezza;
la serietà professionale da parte del broker che, coerentemente con la sua
ragion d’essere, non può scaricare su altri le varie problematiche emergenti
durante la vita dei contratti affidati alle sue cure.
Dall’analisi di queste
esigenze, reciproche e convergenti, si rende subito evidente la differenza
esistente fra un broker e l’unica altra figura professionalmente abilitata cioè
l’agente di assicurazione:
- il primo rappresenta il cliente e si
sostituisce allo stesso nella gestione complessiva di tutte le problematiche
relative alle esigenze assicurative presenti e future;
- il secondo rappresenta una compagnia
d’assicurazione ed agisce esclusivamente nello interesse
della stessa fino a quando ne ha la convenienza.
L’esame e l’analisi approfondita di questi ed altri argomenti di carattere assicurativo, il loro impatto sull’economia delle aziende e delle famiglie che si affidano al broker, sono oggetto del nostro quotidiano impegno.
Sarà comunque interessante, per meglio addentrarci nelle tematiche , fare un piccolo passo indietro nel tempo (di circa 300 anni) per comprendere come, quando e perché nasce il broker moderno.
LE ORIGINI |
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Il
più grande mercato assicurativo del mondo ebbe origine nella Londra di
fine XVII° secolo, ed era composto, allora come oggi, ovviamente da
assicurandi, da brokers (mediatori) e da underwriters (sottoscrittori).
Nato spontaneamente con lo
sviluppo del commercio marittimo, grazie al bisogno di sicurezza da una parte ed
alla passione per la scommessa dall’altra, aveva delle caratteristiche tali
che, viste con la lente d’ingrandimento della società moderna, non finirà
mai di stupire per l’improvvisazione e la lungimiranza; spiegabile unicamente
con le regole non scritte del libero mercato. In sostanza, ogni qualvolta una
nave si apprestava a salpare, un broker (nella veste di agente dei commercianti
e degli armatori) contattava tanti sottoscrittori-scommettitori quanti erano
necessari in base alle percentuali che ciascuno riteneva di poter accettare,
concordava le condizioni e redigeva la polizza per le firme dei contraenti, come
avviene oggi.
Il funzionamento era garantito
dalla competenza, dalle conoscenze e dall’onestà del broker, al quale si
rivolgevano i clienti bisognosi di garantirsi contro i danni economici
conseguenti alla perdita o al danneggiamento dei beni personali che viaggiavano
per mare. Ovviamente, la prima preoccupazione del broker era quella di
accertarsi sulla solvibilità dei sottoscrittori (preferibilmente associati coi
Lloyd’s), valutando accuratamente la consistenza dei mezzi finanziari degli
stessi e saper distinguere fra forti e deboli, per limitare al minimo la
possibilità che anche una sola delle polizze da lui redatte fosse sottoscritta
da persona di dubbia solvibilità.
Va comunque precisato che un
sottoscrittore rispondeva (come continua ad avvenire anche adesso) in base
al principio della responsabilità individuale, anche nel caso che la
ditta di cui era socio fosse fallita. Questa é anche la chiave di lettura che
ci permette di capire perché, nonostante mille traversie, il mercato dei
Lloyd’s ha continuato a crescere e ad affermarsi in ogni angolo dei cinque
continenti. In ogni caso, il broker, metteva in gioco anche la sua credibilità
professionale.
E’ in questo contesto socioeconomico che l’albero genealogico dei brokers d’assicurazione mette radici nella famosa coffee-house di Edward Lloyd (fondatore inconsapevole dei mitici Lloyd’s) già dal 1698, contemporaneamente alla nascita della moderna assicurazione.
Inizialmente preferivano farsi chiamare office-keepers (titolari d’ufficio) a causa della connotazione un po’ truffaldina del termine brokers, che in origine veniva attribuito a vecchi commercianti privi di ogni moralità, disposti a tutto pur di far soldi.
Solo dopo il 1700 il termine fu associato direttamente all’assicurazione grazie al lavoro dei brokers impegnati nell’assicurazione marittima che, dedicandosi a tempo pieno all’attività assicurativa, avevano un ufficio e servivano come punto di riferimento stabile in un mercato molto fluttuante a quanti erano interessati seriamente a tutto ciò che, solcando il mare, raggiungeva i luoghi più remoti della terra, dovendo affrontare mille insidie.
Le cronache
del tempo rimandano, senza ombra di dubbio, l’immagine del broker
contemporaneo:
- sempre interessato ad assicurare i beni del
suo cliente come se fossero suoi;
- sempre teso ad ottenere le migliori condizioni
per il suo cliente;
- sempre attento alla gestione sinistri, che sono
il segnale della solvibilità degli assicuratori;
Così stavano le cose nel XVII° secolo e così stanno oggi, ormai alla fine del XX°.
Ed allora ci si chiederà: perché questo benedetto broker d’assicurazione é poco conosciuto in Italia?
BROKERS & ITALIA |
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Fino al 1960
il mercato assicurativo italiano (molto modesto, per la cronaca) era sfruttato
esclusivamente dalle compagnie d’assicurazione nazionali che, complice anche
la scarsa cultura assicurativa a tutti i livelli -non solo degli utenti ma anche
degli addetti ai lavori-, facevano il bello e cattivo tempo in termini di qualità:
sia del prodotto/polizza che vendevano, sia nel modo di gestire i sinistri. Un
modo di proporsi al mercato che oseremmo definire da terzo mondo.
Questo era possibile, e per
certi versi inevitabile, perché in una situazione di mercato squilibrato, nel
senso che la domanda era praticamente assente -per ragioni di carattere sociale
ed economico-, lo sviluppo si perseguiva a mezzo di un’offerta che in nessun
modo teneva conto dei bisogni dei potenziali clienti. L’imperativo era:
crescere, comunque!
Ma il boom
economico bussava alle porte e con esso, una nutrita schiera di società
multinazionali calava in Italia, per cogliere tutte quelle opportunità che il
nostro mercato era in grado di offrire.
Ed è in questo ambito economico
che cominciano ad apparire i primi brokers, perché i "nuovi invasori"
annoveravano nelle loro schiere i propri assicuratori che, guarda caso, erano
esclusivamente dei brokers ed in quanto tali seguivano i loro clienti ovunque.
Gradualmente
le cose cominciarono a cambiare, nonostante le resistenze opposte dalle
compagnie nostrane che si trovarono a fare i conti con quella che era a tutti
gli effetti una nuova realtà. Assicurare delle multinazionali era cosa
sicuramente appetibile, ma un conto era trattare secondo le vecchie regole:
attivando la rete commerciale avevano sempre mirato ad arrivare alla scrivania
del proprietario o del direttore preposto ed il gioco era fatto; ora, invece,
dovevano fare anticamera nell’ufficio del broker dell’azienda, che aveva già
predisposto le varie polizze necessarie all’azienda sua cliente, con tutte
quelle "clausole strane" tipo EXTENDED COVERAGE
ed un premio già quantificato: prendere o lasciare! E cominciarono a prendere,
senza guardare troppo per il sottile.
Si trattava ovviamente di
prestigiosi brokers di matrice prevalentemente anglosassone, che gestivano
esclusivamente grandi rischi, con polizze importanti per premi e provvigioni.
A questi primi brokers esteri si affiancarono, gradatamente
nel corso degli anni fra il 1960 ed il 1980, i neonati brokers italiani che
avendo imparato la lezione cominciarono contendendosi le grandi aziende
nazionali; offrendo quella consulenza globale che prima di allora non avevano
neppure osato sognare, trovarono un terreno estremamente ricettivo. Non poteva
essere che così, considerando che:
- i brokers offrivano un servizio globale di
alta qualità;
- le polizze studiate apposta per le singole
esigenze erano migliori e con premi contenuti;
- non incidevano sui costi delle aziende in quanto
remunerati a provvigioni dalle compagnie.
Così andarono le cose per un
ventennio: grandi clienti > premi consistenti > molte provvigioni >
brokers.
Il cerchio si sarebbe potuto
ritenere chiuso senonché, tutta una schiera di imprenditori, che grandi non
erano, cominciarono ad interessarsi ai servizi che offrivano i brokers.
Bisognava, però, superare un ostacolo. L’ostacolo era costituito dalla
modesta entità dei premi che questi potenziali clienti potevano rappresentare:
minori premi significava meno provvigioni, ed i costi fissi di gestione ne
avrebbero risentito in modo tale da rendere antieconomico per il broker rapporti
di questo tipo.
Ma ci voleva
ben altro, per frenare l’italica fantasia !
Presero così vita i
mandati di gestione assicurativa onerosi che prevedevano, in forma fissa
o variabile, un costo a carico del cliente commisurato in base alla sua
importanza in termini di premi.
Dal 1980 ad oggi anche questo
nuovo tipo di mandato si è andato lentamente e sistematicamente affermando,
consentendo a tutti di poter usufruire, volendo, dei servizi del broker.